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Crioterapia

STORIA Già 2.000 anni fa i Romani avevano compreso che il caldo e il freddo erano in grado d’agire sul dolore. Le antiche terme ‒ molte delle quali sono ancora oggi funzionanti ‒ offrivano un genere di cure basato appunto su questo princìpio[1].

SIGNIFICATO E APPLICAZIONI Il termine è voce composta di crio-, dal gr. krýos = gelo + terapia, e indica tutte le applicazioni del freddo a scopo terapeutico. La crioterapia può essere distinta in:

crioterapia generale (abbassamento della temperatura di tutto il corpo, come nell’ibernazione o nella balneoterapia fredda);

crioterapia locale, realizzata o con borsa di ghiaccio applicata su particolari regioni (sul capo nelle congestioni cerebrali da colpo di sole, da ipertermia, ecc., sull’addome o sul torace nelle emorragie)[2].

Contro i dolori e gli infortuni, il ghiaccio è forse l’arma più efficace, pratica e a buon mercato nelle mani di un atleta. L’utilizzo della borsa del ghiaccio è assai utile nella fase acuta di lesioni articolari o muscolari, e in tutte le patologie da sovraccarico. La crioterapia ha un’azione antiedemigena, antidolorifica e decontratturante. Nelle prime 48 ore di un qualsiasi evento traumatico, il ghiaccio dev’essere applicato per periodi di circa 20’, intervallati da 20’ di pausa, anche per un totale di 6-7 ore. Il freddo dev’essere assolutamente applicato in caso di:

‒ strappo muscolare;

‒ distorsione articolare (quella della caviglia è la più frequente nel corridore);

‒ tendinite (allo stato iniziale);

   ‒ contusione.

Ricordarsi di abbinare l’applicazione del ghiaccio a un bendaggio comprensivo, al riposo e all’elevazione della zona infortunata.

Un utilizzo altrettanto importante del ghiaccio si ha al termine di sedute di riabilitazione dopo un infortunio muscolo-scheletrico o dopo un intervento chirurgico. In tal caso applicare la borsa del ghiaccio o i suoi sostitutivi vari, serve a ridurre la possibilità di infiammazioni e/o gonfiore articolare. Il freddo è altresì utilizzato per l’anestesia (crioanestesia)[3].

BOMBOLETTE SPRAY Si tratta di bombolette sotto pressione, contenenti fluoro metano, una sostanza chimica non infiammabile e non tossica. Quando la si spruzza sopra la zona dolente, si deve avere l’accortezza di mantenere l’erogatore a circa 30/40 cm dalla pelle, in maniera tale da non provocare spiacevoli ustioni. Tali bombolette oggi sano assai utilizzate dagli atleti per alleviare disturbi provocati da contusioni, stiramenti o strappi.

COLD PACK Sono impacchi freddi, ottenuti mettendo nel freezer dei sacchetti di plastica riempiti di gelatina, che si raffredda in circa un’ora, raggiungendo la temperatura di 0 gradi. Quando l’effetto freddo della sostanza svanisce, allora il sacchetto dev’essere riposto nuovamente nel freezer per poterlo riutilizzare.

REFRIGERANTI CHIMICI Si tratta di piccoli sacchetti monouso, contenenti due reagenti ‒ acqua e nitrato di ammonio ‒ oltre a una piastrina separatrice. In caso di necessità, la piastra si spezza con le mani, mettendo così in contatto le due sostanze che, in tal modo, portano la temperatura del sacchetto a 0 gradi. Diversamente dal cold pack, i refrigeranti chimici si possono conservare fuori del congelatore.   

CONTROINDICAZIONI Anche per la crioterapia sono state individuate alcune controindicazioni. Oltre allo stato febbrile, valvulopatìe e scompenso cardiaco, claustrofobia severa, bisogna prestare attenzione a precedenti paralisi a frigore al nervo facciale, sindrome di Raynaud, a ipotiroidismo non corretto da trattamento farmacologico. La terapia è sconsigliata altresì in caso di trombosi agli arti inferiori, neoplasie, insufficienza respiratoria severa e infezioni acute respiratorie.


[1] Cfr. R. TAVANA, «La guerra FREDDA», in Runner’s World 1 (2006) 7, 41-42.

[2] Cfr. “Crioterapia”, in AA.VV., Dizionario etimologico, Santarcangelo di R. (RN) 2002, 274.

[3] Cfr. AA.VV., “Crioterapia”, in DEI, Roma 1960, vol. X, 638.

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