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Gregorio Zucchinali: nella partecipazione alle gare trovo motivo di gratificazione

Le gare richiedono preparazione, condizioni fisiche idonee ed attenzione

L’ultramaratona sta prendendo piede in Italia e nel resto del mondo, tra uomini e soprattutto donne, che sembrano essere più competitive e resilienti in questa disciplina, avvicinandosi alle prestazioni degli uomini e a volte superandoli, vincendo gare come la Nove Colli Running di 202,4 km. Di seguito Gregorizio Zucchinali, dell’ASD Bergamo Stars Atletica, riferimento per le gare di ultramaratona per la nazione Italia, per i giovani, per i tecnici, per gli organizzatori di gare, per le squadre di ultramaratona, racconta la sua esperienza, rispondendo ad alcune mie domande

Lui che è un corridore da 40 anni, ha iniziato con le competitive e poi è passato a organizzare gare, fondare società, diventando presidente della IUTA (Italian Ultramarathon and Trail Association) e presente come responsabile nelle gare internazionali di ultramaratona dove si mettono in gioco gli atleti più forti della nazionale italiana.

Ti sei sentito campione nello sport almeno un giorno della tua vita? “Campione forse mai, soddisfatto spesso invece questo sì, con la sensazione di essere un punto di riferimento per amici o conoscenti!”

E’ bello vincere, ma soddisfa anche essere persona di riferimento, che ha profonda esperienza e conoscenza del mondo della corsa di endurance e sa come trattare atleti, tecnici, federazioni, organizzazioni.

Qual è stato il tuo percorso per diventare atleta? “Ho iniziato il mio percorso, partecipando alle prime non competitive di paese, che stavano nascendo numerose negli anni Settanta. Ne sono stato entusiasta tanto che ne ho organizzate anch’io da ventenne e con un discreto successo per alcuni anni, aiutato dagli amici dell’Oratorio del mio paese. Sempre con amici, in seguito ho fondato la prima Società di atletica locale di cui ho avuto l’onore di essere presidente e provato quindi a cimentarmi nelle gare competitive, trovandomi a mio agio soprattutto nella partecipazione alle maratone. Con l’adesione dapprima al Club Super Marathon Italia (al raggiungimento delle mie prime 100 maratone competitive) e alla IUTA ho trovato amici che condividevano la mia passione e mi hanno anche permesso di perfezionarmi come organizzatore di gare sportive tra cui le ultramaratone, quali la 24 ore nata in origine come staffetta ma ‘aperta’ pionieristicamente ai singoli atleti.”

Grande carriera di Gregorio nel mondo delle ultra distanze prima e tutt’ora come atleta che si sperimenta e si mette in gioco in gare e poi ai vertici di organizzazioni importanti di riferimento per promuovere e tutelare questo sport di fatica e di coraggio.

Quali fattori o persone contribuiscono nello sport al tuo benessere o alla tua performance? “Sono oltre 40 anni che corro con performance sportive varie con qualità altalenanti nel tempo e trovo ancora adesso nella partecipazione alle gare, sia competitive che non competitive, motivo di gratificazione, in un ambiente sportivo che spesso trovo amicale. I miei più cari amici sono soprattutto collocati nell’ambiente sportivo e con loro ancora oggi condivido i valori dello sforzo di lunga durata, mettendo alla prova la nostra resilienza e volontà, ispirandoci alla correttezza sportiva e all’ottemperanza degli impegni intrapresi.”

Nell’ultramaratona si entra a far parte di un mondo particolare per lo più amicale dove le persone prima di tutto sono disposti a raccontare delle loro imprese ma anche dei loro fallimenti che si mettono in conto perché si tratta di gare dove non è scontato arrivare al termine, dove bisogna attraversare crisi e difficoltà.

Qual è stata la gara della tua vita dove hai sperimentato le emozioni più belle? “Ritengo non tanto una gara che abbia corso, ma invece quella che ho forse meglio organizzato e cioè la competizione del Campionato del Mondo ed Europeo delle 24 ore su strada, che con un gruppo di 200 amici ho organizzato nel 2009 a Bergamo. Gara nata da un progetto, durato 7 anni, originato dalla richiesta dei genitori del cantante Alex Baroni e in particolare del papà Gianni, con il quale condividevo la passione per le ‘lunghe’, di ricordare il figlio prematuramente scomparso in un incidente stradale. Penso che alla base del mio ancora attuale impegno nelle ultra ci sia stata la 24 ore del Delfino, come avevamo chiamato in questi 7 anni la gara, prendendo spunto dal portafortuna di Alex, già Nazionale di nuoto oltre che cantante con un successo impensabile inizialmente.”

Tante esperienze fatte da Gregorio da atleta e organizzatore che accrescono sempre più le sue competenze e conoscenze in questo mondo di atleti disposti al sacrificio e alla sofferenza, pur di portar a termine una gara.

La tua gara più difficile? “Come performance personale sicuramente il Passatore, gara di 100 km che pure ho concluso 5 volte, ma che non sono mai riuscito a interpretare bene tanto che per 2 volte mi sono dovuto fermare.”

Una tua esperienza che ti possa dare la convinzione che ce la puoi fare? “La Cento km Rimini Extreme di alcuni anni fa: era una gara con partenza in notturna ed estiva che ora non viene più organizzata. A un certo punto, a ¾ circa della gara mi sentivo spossato e meditavo il ritiro, quando mi è arrivata la telefonata (l’uso del cellulare era obbligatorio e da allora l’ho sempre portato con me in gara) da parte di mia moglie che mi avvisava che con i miei 2 figli mi stava aspettando al traguardo. Ricordo ancora di essere rinvigorito di colpo e di essermi rimesso a correre nuovamente, nonostante caldo e stanchezza. Vedere i miei cari al traguardo è stata una gioia immensa.”

La 100 km resta sempre un’esperienza estrema, ci sono tante incognite che entrano in gioco ma si tratta sempre di tenere allenata la mente alla resilienza, oltre al fisico, è facile fermarsi e ritirarsi per demotivazione, per sfiducia, ma quando c’è qualcosa che interessa, qualcuno che aspetta al traguardo allora non esistono freni né blocchi mentali, si tira avanti fino alla fine.

Quali sensazioni sperimenti facendo sport: pre-gara, in gara, post-gara? “Normalmente cerco con serenità e senza particolari tensioni, il contatto e il dialogo con amici o conoscenti prima della gara, discorrendo di vari aspetti, anche non prettamente legati a questa; in gara cerco di valutare il percorso in relazione al mio stato di forma e al contesto ambientale; nel post gara se non vengo coinvolto nelle premiazioni come ‘autorità’, mi attardo nel commentare con amici non più avversari le rispettive performance e gli eventuali comuni prossimi impegni.”

Ci sono categorie di persone, coloro un po’ ansiosi, negativi, tesi, che affrontano le gare con il freno tirato, con mille scuse pronte se va male e ci sono coloro che affrontano le gare come occasioni di raduno, di festa nonostante la fatica senza cercare difetti e negatività negli altri o negli organizzatori.

Quali sono le difficoltà e i rischi? A cosa devi fare attenzione nel tuo sport? “Le difficoltà e annessi rischi sono legate alla possibile sottovalutazione delle gare, che richiedono sempre in ogni caso preparazione, condizioni fisiche idonee e attenzione continua sia al percorso che alle condizioni climatiche o all’esasperazione dell’agonismo. Il nostro è uno sport che non ammette errori e non tollera denigrazione.”

Quali condizioni fisiche o ambientali ti hanno indotto a fare una prestazione non ottimale? “In generale la mancanza di preparazione adeguata, la sottovalutazione delle condizioni ambientali, addirittura in alcuni casi il sovrallenamento o carenze organizzative: in oltre 40 anni di attività sportiva le mie performance non sono sempre state ottimali, ma si è fatto tesoro anche di questo.”

In linea di massima l’ultramaratoneta sottovaluta un po’ le difficoltà, è sempre pronto per partecipare a una gara estrema, ritiene di aver bisogno di poco recupero tra una gara estrema e un’altra, ma si tratta sempre di gare dove dietro l’angolo ci sono mille agguati, mille ostacoli, ma si fa tutto con le risorse a disposizione che per lo più diventano sufficienti perché nella mente dell’ultramaratoneta ci sono sempre passate esperienze dove si è riusciti a uscirne fuori nel miglior modo possibile.Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “Crisi, sconfitte ed infortuni ti segnano e le cicatrici necessitano di tempo per rimarginare. Da buon bergamasco seguo l’esempio di un nostro grande conterraneo e cioè Felice Gimondi recentemente scomparso, eroe di noi tutti e cerco comunque di non mollare; anche se il dover ricominciare soprattutto dopo uno stop per infortunio o altro con il passare degli anni diventa sempre più difficile. Ci si pone nuovi obiettivi in relazione soprattutto allo stato di forma.”

L’elogio della fatica, della crisi, della difficoltà che rende le persone migliori anche se non vincono, anche se arrivano secondi, anche se falliscono ma l’importante è non mollare, provare e riprovare in modo diverso mostrando passione, motivazione ed entusiasmo per quello che si fa.

Quale può essere un messaggio rivolto ai ragazzi per avvicinarsi allo sport? “Il mio attuale Presidente di Società che chiamiamo amichevolmente PresiDante (Dante Acerbis) ha coniato un bellissimo slogan “Fai ATLETICA e non farai mai panchina”. Lui ama lo sport per i giovani, io quello che a mio avviso necessita di una certa maturità fisica, ma entrambi siamo convinti che lo sport dia opportunità e cancelli diversità di genere, razza e condizione sociale e ci batteremo sempre perché a tutti sia consentito di esprimere il meglio almeno in questo aspetto della vita.”

In effetti i corridori hanno il privilegio di partecipare a manifestazioni dove sono alla pari con i campioni del mondo e olimpionici, ognuno fa la sua gara percorrendo la stessa strada e lo stesso percorso diventando tutti protagonisti e potendo dire c’ero anch’io e ho fatto del mio meglio.

C’è stato il rischio di incorrere nel doping? Un messaggio per sconsigliarne l’uso? “Il rischio purtroppo c’è ed è a mio avviso principalmente nella sua sottovalutazione anche perché la procedura TUE è poco conosciuta. Capisco che spesso iscriversi ad una gara comporti un esborso di cifre rilevanti anticipatamente e sacrifici per la preparazione in termini di tempo e fatica e che pertanto il rinunciare alla gara per un malanno dopo mesi di preparazione sia difficile da accettare. Nell‘ambiente delle ‘lunghe’ penso che aldilà di pochi casi noti, l’uso di sostanze dopanti avvenga più per superficialità che altro. Il messaggio a questo punto è che è indispensabile per tutti noi informarsi quali siano i farmaci, i principi attivi, ritenuti dopanti o che possano mascherare doping e se il medico li ritenga indispensabili necessita rinunciare alla gara. Sicuramente è centrale la cultura del DOPING TOLLERANZA ZERO; la si deve sviluppare con chiarezza attraverso contesti di discussione, informazione, riflessione, confronto e formazione. Credo quindi sia necessario un coinvolgimento di figure mediche, psicologi e professionisti con competenze in ambito sportivo, capaci di dialogare con atleti di età differenti e con i dirigenti sportivi, al fine di far comprendere e condividere quale sia il vero spirito sportivo. Questo a mio avviso è necessario, anzi indispensabile per salvaguardare la salute e la propria identità di atleta corretto.”

Meglio fare del proprio meglio, cercare di fare il possibile per mostrare a se stessi e agli altri il proprio valore e le proprie capacità che ricorrere a mezzi e sostanze scorrette. Bisogna continuare a fare educazione per non incorrere nel doping anche a volte per errore o per ignoranza, perché è un peccato essere fatti fuori da una sostanza e non da un avversario.

Familiari e amici cosa dicono circa il tuo sport? “I miei familiari ormai sono coinvolti nel mio sport e per gli amici sono una ‘categoria’ cioè è difficile non considerarmi ‘quello che corre’ anche quando per impegni vari magari non faccio sport.” 

Cosa hai scoperto di te stesso nel praticare attività fisica? “Capacità di resilienza.” 

Ritieni utile lo psicologo dello sport? Per quali aspetti ed in quali fasi? “Ho verificato l’utilità di questa figura soprattutto nella mia esperienza su designazione Fidal come Team Leader o semplice helper con la Nazionale Italiana di ultramaratona. Ritengo sia necessario soprattutto dopo un infortunio, una cattiva prestazione o avversità della vita, quando cioè vengono meno le condizioni per una corretta continuità sportiva.”

C’è sempre più bisogno di sviluppare resilienza individuale e collettiva, le persone sono assaliti da mille dubbi, ansie, tensioni, difficoltà relazionali e c’è bisogno di figure professionali che mediano, che riportino all’essenza delle cose, alla comunicazione, allo sviluppo di consapevolezza e fiducia in sé per affrontare la vita e momenti difficili con attenzione e focalizzazione.

Prossimi obiettivi? Sogni realizzati e da realizzare? “Il raggiungimento delle 300 tra maratone ed ultra certificate (ormai prossimo almeno spero!)”

Un messaggio per gli atleti più giovani che si affacciano al mondo ultra? “Il mondo ultra ha bisogno di loro e c’è la possibilità anzi la necessità di dare loro ulteriore spazio. C’è un cambio generazionale in atto e esiste la possibilità di essere seguiti ed essere aiutati a emergere. All’inizio degli anni Ottanta si puntava alla maratona, oggi c’è ‘l’ultra’.”

Il mondo ultra è fatto di persone che vanno comprese e coccolate, tanto è il loro impegno in termini di tempo, rinunce, sacrifici ed è importante essere ben indirizzati e avere a disposizione persone leali che curino i loro interessi e li indirizzino in un percorso di raggiungimento di benessere e anche risultati soddisfacenti.

Come vedi il movimento ultra italiano, europeo, mondiale? “In Italia si sta assistendo a un’esplosione del numero degli ultramaratoneti e delle gare di ultramaratona. Purtroppo sono venute a mancare gare specifiche quali la 100 km di Seregno con possibilità quasi nulle di avere eccellenti prestazioni, perché le rimanenti 100 km pur con ottima organizzazione non hanno purtroppo i requisiti ‘burocratici’ idonei richiesti internazionalmente. I rapporti con la FIDAL sono di un confronto a volte dialettico, ma che dà spazio e collaborazione alle gare ultra. In Europa e nel mondo la situazione è senz’altro migliore per diverse ragioni non ultimo il ricambio generazionale atteso in Italia.”

In Italia qualcosa sta cambiando, sembra esserci un rinnovo generazionale, oltre agli over quarantenni fortissimi e recordman, ci sono nuovi giovani uomini e donne, che si sperimentano in queste discipline di fatica e sofferenza ottenendone benefici e riconoscenza, vanno tuttavia seguiti e presi in carico, in modo che possano durare nel tempo in salute e con le migliori performance.

Come definisci la tua squadra e come recluti nuovi atleti? “Io, vorrei chiarire, non sono il Presidente della mia società sportiva di cui sono però dirigente. L’ASD Bergamo Stars Atletica è conosciuta in Italia sia per i giovani che praticano atletica “classica” su pista, sia per il settore strada, trail e master, che invece seguo io. Siamo in circa 300 atleti e siamo in sinergia tra noi come gruppo dirigente; spesso ci si troviamo ospiti a cena del vulcanico nostro Presidente Dante Acerbis che è anche Presidente CFR Fidal Bergamo. Avere una politica come Società che valorizza senza obblighi societari e consideri persone prima che atleti anche gli ultramaratoneti e gli ultratrailer ha fatto sì che in questi pochi anni che esistiamo, molti atleti di valore o semplici appassionati abbiano fatto ‘massa critica’ e cerchino una società dove l’ultra sia un valore e dove trovare altri atleti con la medesima passione. Massimo rispetto e considerazione per le altre società, e sono diverse in Italia, con i medesimi valori e per le altre con altri obiettivi o altre priorità.”

Molto corretto Gregorio, lui è onnipresente ma giustamente desidera che il merito venga distribuito tra i suoi collaboratori altrettanto validi e ognuno con le proprie specificità.

Maggiori soddisfazioni da atleta, presidente, responsabile IUTA, organizzatore gare? “Sono Presidente IUTA da oltre un decennio, aiuto ad organizzare gare su tutto il territorio italiano e corro da oltre 40 anni: per tutti questi aspetti positivi e non ho critiche gratuite o meno e plausi spero sinceri. Da solo non ho mai realizzato nulla e pertanto i successi (molti a mio avviso) e insuccessi in tutti i campi li ho condivisi con la famiglia, gli amici e collaboratori, che giudico eccezionali. Sono convinto che grazie al lavoro di tutti assisteremo a breve al completamento della valorizzazione di giovani atleti e avremo ulteriore qualità, unitamente all’aumento in atto del numero di praticanti ultra. Necessita solo continuare nella strada intrapresa, tenendo conto che la IUTA è una Associazione fatta da volontari e da appassionati con al centro la cultura del ‘beyond the marathon’: ciò che per molti è un traguardo, per noi è un punto di passaggio!”

Matteo SIMONE

www.ilsentieroalternativo.blogspot.com

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